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blissnews - andare oltre i luoghi comuni

Diario di un HR... scegliere mica facile...

24/5/2018

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Lavoro in una grande ed importante azienda di impronta familiare, ormai alla terza generazione. Come me ci sono altri manager esterni anche se nel CdA la maggioranza è in mano ai fratelli proprietari.
Io mi occupo... anzi, come mi hanno detto, ho carta bianca su tutto l’HR anche se l’ultima assunzione che ho seguito mi ha dato non poche preoccupazioni.

Brevemente, il CdA oggi è composto solamente da uomini e, dopo una recente uscita, c’è il desiderio della proprietà di aprire le porte ad una componente femminile.
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Dietro a questa decisione io penso (magari sbaglio) che non ci sia solo una pura visione etica ma c’è, da alcuni discorsi sentiti, anche il desiderio di raccontare valori aziendali positivi, di parità di genere forse anche per bilanciare il fatto che l’azienda è attiva in un settore non esattamente ecologico ...

Per quel che mi riguarda, ho condotto questa importante selezione senza, ovviamente, guardare al genere e ho individuato due finalisti, una donna ed un uomo.
Alla fine ho scelto di presentare...


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Buoni propositi 2018

26/1/2018

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di R.Ceccarelli - E. Toffetti
Alice e i suoi buoni propositi per il 2018
Gennaio 2018
La scorsa settimana sono tornata in ufficio, dopo la pausa natalizia, molto ma molto carica perché ho in testa tre cose da cambiare per lavorare e stare meglio nel 2018.
Dipenderà solo da me, per Marzo sarò riuscita a fare tutto!
Intanto, ho iniziato subito con il controllarmi di più in riunione. Prossima settimana, mi concentro sul rapporto con i miei collaboratori, sono giovani e con molte idee e vanno guidati meglio.
Per Febbraio mi sono già fatta iscrivere ad un corso sul business controlling per gestire il mio budget con meno problemi e sorprese dello scorso anno quando ho dovuto rinunciare a fare due importanti progetti per mancanza di spazio.

Quattro mesi dopo...

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L’organizzazione informale? Meglio conoscerla che combatterla!

8/1/2018

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di R.Ceccarelli - E.Toffetti
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Chi influenza le opinioni in un team o in un’azienda? Dove si vanno a reperire le informazioni quando server, cloud e big data ci dicono tutto meno quello che stiamo cercando? Chi tiene davvero unito un gruppo di lavoro?

La risposta è l’organizzazione informale che è la linfa vitale di un’azienda.

Se ci sono le persone, c’è un’organizzazione informale che ha il pregio di facilitare la gestione degli imprevisti, dell’indeterminatezza e di sviluppare...

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Psicologia ed economia: un cocktail da premio Nobel !

17/11/2017

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di R.Ceccarelli - E.Toffetti
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Ogni giorno, al lavoro, siamo chiamati a prendere decisioni. Dobbiamo fare scelte che hanno effetti, più o meno importanti su di noi, sul nostro team, sull’area aziendale sotto la nostra responsabilità.
Spesso siamo convinti di poter scegliere in modo razionale, riuscendo (come dice l’abusato slogan di molti corsi di formazione) a gestire le emozioni.
Ebbene... inutile illudersi! Ben tre premi Nobel per l’economia (Thaler 2017, Kahneman 2002 e Simon 1978) hanno dimostrato, con rigore scientifico, che molte nostre decisioni economiche sono pesantemente influenzate dalle emozioni anche quando pensiamo che non sia così.
Assumiamo tutti Psycopolitan senza saperlo!
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Simon, attraverso la teoria della bounded rationality (la razionalità limitata) sostiene che i processi decisionali umani non possono ...... essere puramente razionali perché non hanno mai a disposizione tutte le informazioni necessarie e, ove anche le avessero, si scontrerebbero con la limitata capacità umana di elaborazione. Ma se anche questa limitazione fosse superata con ausili tecnologici, non ci sarebbe modo di considerare tutte le possibili combinazioni tra la nostra decisione e quelle degli altri attori organizzativi ... in un ambiente in evoluzione dinamica.

Kahneman, nel video a questo link tratto da un Ted Talk ...


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Smart working - il caso IBM

27/10/2017

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di R.Ceccarelli - E.Toffetti
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Quando l’8 Febbraio 2017, Register pubblicò, nella sezione Business, un articolo che preannunciava la retromarcia di IBM (marketing team) dallo smart working, IBM's Marissa Mayer moment: Staff ordered to work in one of 6 main offices – or face the axe - Marketing told to sit 'shoulder to shoulder' or else, molti si sorpresero.
Quale poteva essere il motivo di questa “ritirata” per una società che già nel 2009, quando il lavoro da casa era una novità per molte aziende, aveva il 40% dei suoi 386.000 dipendenti worldwide che lavorava lontano dall’ufficio?

Per capire i contorni di questa storia, abbiamo individuato in un articolo su Quartz, una dichiarazione del 2016 di Jeff Smith, allora CIO di IBM, “Is it possible for a company the size of IBM to have the innovation and pace of the best small tech companies, of the best small teams, but have the scale of IBM?” … He said this was his goal for IBM, to make it “agile.” ... (in order to do that - N.d.r.) …  “the leaders have to be with the squads [his word for small teams] and the squads have to be in a location.”
 
E proseguendo nell’articolo si legge ancora “Team proximity appears to help foster better new ideas. One Harvard study found that researchers who worked in close physical proximity produced more impactful papers.”
 
Semplificando, IBM non ha fatto una vera e propria retromarcia rispetto allo smart working piuttosto...


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Si fa presto a dire... impara ad ascoltare

26/9/2017

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di R.Ceccarelli - E.Toffetti
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La teoria è una cosa, la pratica un’altra! A questo principio sono soggette anche le tante regole d’oro per migliorare la nostra capacità di ascolto che diventano poco applicabili quando si scontrano con l’eccesso di informazioni cui siamo giornalmente sottoposti.

Quindi basta decaloghi! Proviamo, piuttosto, a identificare il nostro specifico modello di ascolto attraverso alcune semplici riflessioni.

Iniziamo, per prima cosa, a verificare se tra i moltissimi messaggi di colleghi, meeting, eventi e newsletter siamo in grado di selezionare buone informazioni.

Se definiamo buona quell’informazione che ci fa prendere decisioni opportune, ci permette di far bene il nostro lavoro e relazionarci adeguatamente con gli altri, con quale frequenza ci riusciamo?
E quando il nostro processo di selezione è meno efficace, riusciamo a ricordare i motivi (es. organizzativi o psicologici) e le situazioni lavorative in cui ciò si verifica?


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La forza seduttiva delle zone di comfort

4/7/2017

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di R.Ceccarelli - E.Toffetti
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Anche le aziende hanno le loro zone di comfort
La zona di comfort per un individuo può essere descritta come un insieme di situazioni familiari e dall’esito prevedibile, di comportamenti e pensieri con i quali è possibile rilassarsi, provando un senso di sicurezza e tranquillità. Tutto molto bello!

Tuttavia quando una persona tende a rimanere nella propria zona di comfort è come se cercasse un rifugio, un allontanamento dalle tensioni provocate dal mondo esterno e dall’impossibilità di governarle.
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Il permanere nelle zone di comfort riduce le possibilità di confronto e di scoperta e quindi anche la crescita personale.

Sia le organizzazioni aziendali che i loro team hanno proprie zone di comfort; sono anch’essi organismi, in via di continuo adattamento, che scambiano con un ambiente esterno informazioni, suggestioni e promesse, oltre a prodotti e servizi.
 
Le zone di comfort aziendali possono essere, più facilmente, identificate dall’esterno, osservando la ripetizione di alcuni comportamenti, né efficienti né efficaci, che l’inerzia complessiva della macchina organizzativa continua a proporre perché di fatto sono i più semplici o i più comodi, in quanto bilanciano in modo naturale le relazioni di potere, interne ad un’azienda o ad un team, oppure evitano di mettere in situazioni altamente sfidanti l’organizzazione stessa.
 
Come quella personale, la zona di comfort aziendale è ambivalente; se da un lato può assicurare prevedibilità e tranquillità, dall’altro induce processi di business poco dinamici e sclerotizzati.

Di esempi ce ne sono tantissimi ...


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Yoga, pilates e industry 4.0

14/6/2017

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di R.Ceccarelli - E. Toffetti
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Come tutti i cambiamenti organizzativi importanti, anche la scelta di diventare 4.0 richiede chiavi di lettura differenziate.
Non basta fermarsi agli aspetti tecnologici ma guardare anche a quelli socio-organizzativi.
Infatti l’approccio 4.0 potrebbe aiutare le aziende ad essere non solo agili ma anche più collaborative. Proviamo a vedere perché.

1. Le nuove tecnologie moltiplicano sia l’effetto sia la rapidità di propagazione delle decisioni prese dalle persone. Va quindi mantenuta alta la qualità delle decisioni basandole, non solo, su dati affidabili ma anche su una loro lettura condivisa da più prospettive e sull’ascolto di interpretazioni discordanti.
 
2. Il focus dell’industry 4.0 solo sull’efficienza è fuorviante, essa infatti non garantisce il successo aziendale. Va affiancata ad un’efficace architettura di prodotto o servizio, frutto del lavoro svolto da team di persone, non di macchine!

3. La scarsa fluidità delle comunicazioni interpersonali depotenzia gli investimenti tecnologici 4.0. Adeguata condivisione di obiettivi e di linee strategiche, stima e fiducia tra colleghi e stili di comunicazione aperti sfruttano appieno il potenziale delle nuove tecnologie.
 
Al di là di tutto, industry 4.0 può, quindi, ispirare un cambiamento culturale nelle aziende in due dimensioni chiave...

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